La notizia data dal Guardian è destinata a rinfocolare le polemiche sull’Unione Europea: Microsoft nel corso del 2020 ha collezionato profitti per 260 miliardi di euro nell’eurozona, senza dover sborsare un solo centesimo di tasse. E, naturalmente, a fronte di questo dato molte imprese, ad esempio quelle del nostro Paese, potranno operare immediatamente il raffronto con il regime fiscale cui devono sottoporsi. Senza contare i piccoli commercianti additati in continuazione come evasori fiscali e responsabili di buchi nel bilancio statale che possono essere considerati assolutamente trascurabili rispetto a quelli provocati dalle grandi imprese come quella fondata da Bill Gates.
L’artificio che consente tutto ciò è da individuare nella filiale irlandese di Microsoft, che ai soli fini fiscali, è domiciliata alle Bermuda. Ovvero uno dei tanti paradisi fiscali collegati alla Gran Bretagna, ove non esistono tasse sui profitti societari. E che è per questo utilizzata anche dalla filiale di Google titolare di tutte le licenze software del gruppo, che poi vengono “cedute” alle varie divisioni generando pagamenti infragruppo e spostando così alle Bermuda i profitti. Che, nel caso di Microsoft, se fossero stati pagati in Irlanda, ove l’aliquota è pari al 12,5%, avrebbero generato 32,5 miliardi di euro di tasse.
Una vera e propria beffa, considerato come lo stesso Bill Gates si proclami fautore di una maggiore tassazione a carico dei ricchi, cui soltanto ora si cerca di porre rimedio.
Proprio l’Europa, però, ha già fatto sapere di ritenere troppo alta l’aliquota globale del 21% proposta da Joe Biden, da applicare ai profitti delle multinazionali. Meglio spremere più possibile lavoratori e piccole imprese che non hanno la possibilità di aprire una filiale in uno dei tanti paradisi fiscali presenti lungo il territorio europeo, probabilmente.

Di Dario