Il ddl Zan continua a provocare grandi polemiche nel nostro Paese. La legge contro l’omotransfobia, dopo aver sollevato notevoli opposizioni da ogni parte degli schieramenti politici, è ora entrato nel mirino del Vaticano. Il quale ha deciso di impugnare il Concordato chiedendo al governo italiano di modificarlo.
Al momento il disegno di legge è all’esame della Commissione giustizia del Senato dopo una prima approvazione alla Camera e stando alla ricostruzione del Corriere della Sera, lo scorso 17 giugno monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, ovvero il corrispettivo papalino del ministro degli Esteri, ha consegnato all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede una nota verbale di protesta. Una mossa che ha due precedenti storici di notevole portata: la ferma condanna di San Paolo VI, nel 1974, all’approvazione del divorzio, e la protesta relativa all’aborto da parte di Giovanni Paolo II, sette anni dopo.
In questa occasione il Vaticano sostiene che “alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato”. Il primo dei due punti dell’accordo richiamati dalla Segreteria di Stato afferma che la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. Il secondo, invece, garantisce ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Sotto accusa, in particolare, l’articolo 7, che non esenta le scuole private dall’organizzare attività in occasione della costituenda Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia. Andando infine ad attentare alla libertà di pensiero dei cattolici.

Di Dario